• 17 Novembre 2025
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Pecorino Romano, «Subito una azione politica e legale contro le modifiche del disciplinare della DOP»

Pecorino Romano
L’associazione politica Sardegna chiama Sardegna interviene per sollecitare la presentazione di un ricorso al Ministero per evitare che si utilizzi latte proveniente da allevamenti di pecore straniere.

Il 25 ottobre è stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale la modifica del disciplinare di produzione della DOP del Pecorino Romano. Nelle modifiche non è previsto che si vieti l’utilizzo di latte proveniente da allevamenti di pecore straniere, seppur allevate nell’area autorizzata alla produzione. Parliamo di razze come l’Assaf israeliana e la Lacaune francese, tipiche dei sistemi intensivi in stalla. Sull’argomento interviene con una nota dell’associazione politica Sardegna chiama Sardegna. 

«Si tratta di una scelta che sgancia la DOP dalla Sardegna e la orienta ancora di più verso una produzione standardizzata, funzionale a chi controlla la trasformazione, non certo ai pastori. L’ingresso delle razze intensive spingerebbe verso nuovi allevamenti industriali, aumentando i volumi di latte ma non il reddito di chi produce. A perdere sarebbe chi vive di pascolo estensivo, mantiene la pecora sarda, tutela la biodiversità e garantisce un latte con caratteristiche uniche. 

La vera competitività della Sardegna non sta nella quantità, ma nella qualità che nasce dal pascolo estensivo. Per questo il modello da perseguire non può essere quello che rincorre la produzione a basso costo, ma quello che punta sul valore, sulla distintività e sulla coerenza con il territorio. Serve una strategia che riduca l’eccessiva dipendenza dal Pecorino Romano – che verrebbe ulteriormente incrementata con questo modello – e che valorizzi le aziende che adottano pratiche produttive e gestionali capaci di generare formaggi ad alto valore qualitativo, prevedendo strumenti concreti di monitoraggio e di tutela.

Altri territori europei hanno costruito il proprio futuro così: diversificando, innovando i prodotti, investendo nei marchi di qualità e riconoscendo il ruolo decisivo degli allevatori. La politica deve segnare una chiara discontinuità, destinando i fondi della PAC e ogni forma di sostegno pubblico ai giovani che avviano nuove attività nel settore e alla promozione delle aziende che producono eccellenze, superando criteri di accesso basati sul fatturato che penalizzano i piccoli produttori e i nuovi imprenditori a favore delle aziende già consolidate. Ma serve altresì una visione politica chiara che si traduca in una legge sul pastoralismo. L’allevamento ovicaprino non è un’attività produttiva come tante altre, si porta dietro il presidio umano nelle campagne, la tutela della natura e del paesaggio. È una cultura fondamentale per la nostra storia, dei nostri paesi e dell’intera società sarda e come tale va salvaguardata.

L’Assessorato dell’Agricoltura, con già un terzo della legislatura Todde alle spalle, si è caratterizzato per una negativa inattività. Ora ha la possibilità di riscattarsi. Si realizzi immediatamente, anche chiamando a raccolta i pastori e tutti i sardi, una forte azione politica di contrasto verso la decisione del Ministero. Si ha tempo sino al 24 novembre per presentare ricorso!».

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