Berchidda. Al via martedì la 36^ edizione di Time in Jazz, taglia il nastro Tullio De Piscopo
La manifestazione, in programma fino al 16 agosto, vedrà tra i protagonisti del festival diretto da Paolo Fresu: Malika Ayane, Eivind Aarset, Guano Padano, Farafina, Dhafer Youssef, Roberto Ottaviano, Gianni Cazzola, Savana Funk con Willie Peyote, Colle der Fomento con Dj Craim e La Batteria.
Al via a Berchidda la 36esima edizione del festival Time in Jazz ideato e fondato da Paolo Fresu, che è anche il direttore artistico. Da domani, martedì 8 agosto e fino a mercoledì 16, la manifestazione si articolerà in 9 intense giornate con un nutrito programma di appuntamenti con al centro non solo musica, ma anche presentazioni di libri, azioni di promozione e sensibilizzazione ambientale, mostre, laboratori di educazione musicale e varie attività dedicate ai bambini. Oltre Berchidda, sono coinvolti nell’evento altri centri e località del Nord Sardegna in particolare: Arzachena, Banari, Bortigiadas, Buddusò, Budoni, Loiri Porto San Paolo, Luogosanto, Mores, Oschiri, Porto Rotondo, Puntaldia, San Teodoro, Tempio Pausania, Tula e Viddalba.
Questa edizione del festival si presenta sotto il titolo “Futura”, ispirato all’omonima canzone di Lucio Dalla, con l’intento di abbracciare idealmente diverse generazioni.
A tagliare il nastro del Time in Jazz sarà il 77enne batterista napoletano Tullio De Piscopo che domani, martedì 8 agosto, si esibirà alle 18 al Golf Club Puntaldia, in territorio di San Teodoro. Il pubblico potrà ascoltare pezzi per sola batteria, i suoi storici assoli come “Drum Conversation”, dedicato a Pino Daniele, standard jazzistici, brani tratti dai Pionieri del blues, qualche perla di successo dal suo repertorio pop e l’atmosfera dei caldi suoni del Mediterraneo e dei vicoli di Napoli come “Stop Bajon”, “Pummarola Blues” e “Andamento lento”. Ad affiancare Tullio De Piscopo ci saranno Bruno Manente alle tastiere, Domenico Basile alle chitarre, Paolo “Paul” Pelella al basso e Paolo Scairato alle percussioni.
Il secondo appuntamento della giornata inaugurale e invece a Porto Rotondo, dove al Teatro all’aperto Mario Ceroli sarà accolta alle 21.30 Serena Brancale. Classe 1989, dotata di una duttilità vocale dal timbro scuro e graffiante, la cantante, polistrumentista e compositrice pugliese è riuscita a conquistare il grande pubblico con la sua partecipazione al Festival di Sanremo del 2015, dove ha presentato una versione raffinatissima del brano “Galleggiare”, contenuta nel suo album omonimo d’esordio. Serena Brancale proporrà al Time in Jazz il suo progetto “Soula”, una versione “one girl band” del suo terzo e più recente album, “Je so accussì”, pubblicato giusto un anno fa a marzo. Un concerto in cui, accompagnandosi con pianoforte, loop station e batteria elettronica, mescola ironia e musica, parole e immagini, emozioni e vita da artista legando il pop al jazz e il R’n’b’ al soul.
Mercoledì 9 ritorna un appuntamento immancabile di Time in Jazz: la traversata marittima in musica a bordo della motonave della Corsica Ferries – Sardinia Ferries in viaggio dal porto di Livorno (partenza alle 10.15) a quello sardo di Golfo Aranci; un appuntamento che si rinnova per il diciottesimo anno consecutivo grazie alla collaborazione della compagnia delle navi gialle. Imbarcati stavolta i nove componenti della Rusty Brass Band, formazione a base di ottoni che predilige ritmi funk e rock, ma senza disdegnare sonorità balcaniche ed esotiche, e accenni alla tradizione classica, con l’ardito obiettivo di fondere tra loro le più disparate culture “brass bandistiche” del mondo. Il pubblico del festival potrà averne un saggio nelle parate musicali che la Rusty Brass proporrà le sere successive per le vie e le piazze di Berchidda.
Ma a tenere banco mercoledì sarà un altro evento imperdibile del festival: il concerto in omaggio a Fabrizio De André proprio in quella che fu la sua residenza in Sardegna, a L’Agnata, nelle campagne intorno a Tempio Pausania. A rendere tributo al grande cantautore sarà Malika Ayane (nella foto in basso), cantante eclettica che vanta allori a Sanremo, dischi d’oro e di platino in bacheca, collaborazioni con illustri artisti, autori e produttori nazionali e internazionali. “Canzoni che mi hanno rovinato la vita” il titolo che ha scelto per il concerto, a rimarcare l’importanza e l’influenza di De André sul suo cammino artistico. Ad accompagnare Malika Ayane ci saranno Andrea Andreoli al trombone, Stefano Brandoni alla chitarra, Raffaele Trapasso al basso e Phil Mer alla batteria. Il concerto, con inizio alle ore 18, è realizzato in collaborazione con la Fondazione Fabrizio De André e Bibanca.
La terza giornata del festival – giovedì 10 – si apre alle 11 a Viddalba, nei pressi della chiesetta campestre di San Leonardo, con Giovanni Iacovella, batterista (classe 1996) legato ai mondi dell’improvvisazione e della musica elettronica nel loro senso più ampio. Batteria, oggetti sonori e live electronics, gesti, fisici e musicali si intrecciano nella sua performance creando un insieme di tessiture sonore che abbracciano noise iper-cinetico e intricate poliritmie.
I resti del Palazzo di Baldu, nel territorio di Luogosanto, faranno invece da cornice, alle 18, al concerto al 20enne pianista Francesco Cavestri che proporrà un progetto che affianca al repertorio jazz quello dell’hip-hop, muovendosi su diverse atmosfere musicali. Con Cavestri (pianoforte, Nord Stage 3, Vocoder, sequenze) ci saranno due musicisti tra i più promettenti della scena musicale hip-hop ed elettronica: il bassista Riccardo Oliva e il batterista Joe Allotta.
In serata, alle 21.30, la carovana del festival fa tappa ad Arzachena: di scena, nel complesso roccioso di Li Conchi, gli Unkle Kook, una band per lo più strumentale che spazia tra surf music, rock psichedelico, rock & roll, punk e calypso. Il gruppo nasce a Bologna nel 2019 da cinque musicisti provenienti da generi diversi ma con l’interesse comune per la surf music: Andrea Faidutti (chitarra/voce), Giuseppe Calcagno (chitarra/voce), Tommaso Quinci (sax tenore), Fabio Arcifa (basso/voce) e Manuel Franco (batteria/percussioni).
Venerdì 11 da Bologna arrivano anche i Guerzon Cellos, il duo composto da Enrico e Tiziano Guerzoni, rispettivamente padre e figlio, che apriranno la quarta giornata del festival all’ombra della Pineta di Sant’Anna, a Budoni. I due suonano il violoncello in modo eclettico e originale, con grande energia e virtuosismo: impegnati in interpretazioni furiose di classici barocchi e arrangiamenti creativi di brani jazz e rock, trasformano i loro concerti in performance altamente sofisticate.
La costa farà da scenario anche al concerto del pomeriggio: protagonista alle 18, a Porto Taverna, Carolina Bubbico. La cantante, pianista, arrangiatrice e direttrice d’orchestra salentina di 33 anni, presenta dal vivo il suo terzo album di inediti, “Il dono dell’ubiquità”, con una formazione speciale, tutta al femminile. Insieme al lei saliranno sul palco due giovani e interessanti musiciste, anche loro pugliesi, Chiara Corallo e Aurora De Gregorio, entrambe alle prese con voce, drum pad e percussioni.
Alle 21.30, si accendono per la prima volta i riflettori di piazza del Popolo a Berchidda. Ad aprire la serie di concerti in programma sul palco centrale del festival sarà “popOFF!”, un omaggio alle musiche dedicate ai bambini e all’infanzia, canzoni scelte dallo sconfinato repertorio dello Zecchino d’Oro e rielaborate in chiave jazz: autentici hit del genere, come “Carissimo Pinocchio”, “Quarantaquattro gatti”, “Il caffè della Peppina”, “Volevo un gatto nero”. “popOFF!” è il progetto (consegnato anche alle tracce dell’omonimo album) che Paolo Fresu ha voluto dedicare alla sua città d’adozione, Bologna, culla dello storico festival della musica per bambini, trovando nella cantante Cristina Zavalloni la complice perfetta, lei che, confessa, da piccola voleva proprio cantare allo Zecchino d’Oro. Ben coadiuvati da jazzisti come il sassofonista Cristiano Arcelli, il pianista Dino Rubino, il contrabbassista Salvatore Maltana e gli archi del quartetto Alborada, i due hanno dato forma a un progetto accattivante da ogni punto di vista, capace di richiamare momenti importanti della storia del jazz come, ad esempio, i tanti omaggi al mondo disneyano dove grandi protagonisti della musica afroamericana hanno interpretato brani poi divenuti storici nella filmografia per l’infanzia.
Sabato 12 alle ore 11, il pubblico del festival troverà in azione il quartetto Alborada, protagonista del concerto previsto nella Chiesa della Santa Trinità a Bortigiadas. Nato nel 1996, l’ensemble d’archi ha un repertorio che privilegia la musica contemporanea, con particolare attenzione per gli autori minimalisti e le composizioni originali scritte e arrangiate appositamente per il quartetto o dai suoi stessi musicisti: Anton Berovski e Sonia Peana ai violini, Nicola Ciricugno alla viola e Piero Salvatori al violoncello. Fra i contributi e gli ospiti speciali di “Éthos”, il loro album del 2010, compare anche Dj Cris, che il quartetto Alborada ritroverà in questo concerto e che sarà anche impegnato tutte le notti con i suoi dj set a Berchidda nello spazio dopoconcerto.
Nel pomeriggio tappa a Buddusò, alle 18, nella Chiesa di San Quirico, per una produzione originale di Time in Jazz. Protagonista sarà Nicola Stilo, flautista dalla carriera quasi cinquantennale, cominciata nel 1974 con il gruppo di Musica folklorica di Dodi Moscati. Stilo si presenta per la prima volta a Time in Jazz, e lo farà assieme a due ottimi musicisti con i quali ha già collaborato: Dino Rubino al piano e Marco Bardoscia al contrabbasso.
Vuole essere un omaggio a Lucio Dalla, al quale il festival deve titolo e ispirazione di questa edizione, il concerto in solo che apre alle 21.30 la serata in piazza del Popolo a Berchidda: sul palco la pianista siciliana Sade Mangiaracina, talento in ascesa negli ultimi anni sulla scena jazzistica nazionale. Nella sua discografia personale spicca, “Madiba”, album del 2021 dedicato a Nelson Mandela che ha raccolto grande consenso dalla critica.
Riflettori puntati nel secondo set della serata sul quartetto intestato a uno tra i maggiori protagonisti della feconda scena musicale scandinava: Eivind Aarset, un chitarrista capace di assorbire e rispecchiare nel suo universo sonoro generi e stili differenti ma conservando sempre una sua cifra distintiva, e di spaziare da atmosfere di tranquilla intimità ad altre di bruciante intensità. Il debutto discografico di Eivind Aarset come bandleader, “Electronique Noire”, del 1998, è stato definito dal New York Times “uno dei migliori album di jazz elettrico post-Miles”. Pubblicato a settembre 2021, “Phantasmagoria, or A Different Kind of Journey” è invece il suo disco più recente; con lui alla chitarra e all’elettronica, i membri del suo quartetto, ovvero Audun Erlien al basso e i batteristi/percussionisti Wetle Holte e Erland Dahlen: gli stessi musicisti coi quali Eivind Aarset salirà sul palco di piazza del Popolo sabato 12.
Una miscela vibrante di stili e sonorità in cui si fondono rock, country, blues, tex-mex, surf, improvvisazioni jazz e atmosfere da western alla Morricone. È la formula che fa dei Guano Padano – in concerto domenica 13 alle 11, davanti alla Chiesa di Nostra Signora di Coros a Tula – una delle proposte più originali della scena musicale italiana degli ultimi tre lustri. Il trio, formatosi nel 2007, è composto da Alessandro “Asso” Stefana (chitarra), Danilo Gallo (basso) e Zeno De Rossi (batteria).
Un’altra chiesa, quella di Madonna di Castro, ad Oschiri, farà da quinta scenica al concerto del pomeriggio: protagonista, alle 18, il trio Melodrum, formazione nata 9 anni fa a Torino su iniziativa del batterista Francesco Brancato insieme al pianista Salvatore Spano. L’idea di base è quella di costituire un repertorio di jazz contemporaneo che prenda spunto dal patrimonio culturale della musica europea, identificando nella tradizione del melodramma la sua summa identitaria artistica ed espressiva. A partire dal 2015 entra in pianta stabile il contrabbassista Salvatore Maltana e, grazie anche alla partecipazione di alcuni tra i più significativi musicisti del panorama musicale europeo, il progetto si sviluppa nella sua forma attuale, collocandosi in vari ambiti artistici – jazz, classica, teatro e arti performative in genere – e coniugando sempre tradizione e sperimentazione. Il trio ha all’attivo un lavoro diviso in tre parti sull’incontro della musica classica e il jazz.
Il fisarmonicista francese Vincent Peirani, al centro del set di apertura della serata di domenica in piazza del Popolo a Berchidda (ore 21.30), rappresenta una nuova generazione di musicisti jazz che rifiuta confini e limiti e, piuttosto che seguire i sentieri battuti, sceglie di esplorare nuovi campi, nuove strade nella musica. Da solo o in piccoli ensemble, la sua visione musicale disinibita e cosmopolita, il suo grande senso del crossover e del colore, lo hanno portato a ideare alcuni dei progetti più fantasiosi del momento. Il fisarmonicista francese si presenta a Time in Jazz in trio con il chitarrista Federico Casagrande e Ziv Ravitz alla batteria e alle tastiere, gli stessi musicisti che lo affiancano nel suo ultimo disco, “Jokers”, che dà il titolo al concerto: un viaggio caleidoscopico tra revival iconoclasti, la potente energia del rock (con arrangiamenti di brani di Marilyn Manson e Nine Inch Nails), ritornelli all’italiana (Nino Rota).
Il secondo tempo della serata di domenica vede il ritorno a Time in Jazz di Dhafer Youssef, cantante e suonatore di oud (il liuto tipico della musica araba) che è riuscito a liberare lo strumento dal suo ruolo tradizionale e portarlo nel jazz. Nato nel 1967 a Teboulba, un villaggio di pescatori nella Tunisia centrale, e cresciuto a contatto con la musica e i canti tradizionali islamici, ha cominciato a scoprire le potenzialità della sua voce fin da piccolo. Incontra il jazz a Vienna, dove si trasferisce a diciotto anni e intraprende un percorso che lo porterà a elaborare una propria cifra stilistica. La sua ultima fatica discografica, “Street of Minarets” dà il titolo al concerto che proporrà sul palco di piazza del Popolo, con lui Mario Rom (tromba), Daniel Garcia (piano e tastiere), Souaeli Mbappe (basso elettrico), Shayan Fathi (batteria) e Adriano Do Santos (percussioni).
Tra i protagonisti dei concerti “in decentramento”, spicca la presenza del sassofonista barese, classe 1957, Roberto Ottaviano, nome storico del jazz nazionale, come certifica anche il recente riconoscimento di musicista italiano dell’anno 2022 al prestigioso Top Jazz, il referendum indetto dal mensile Musica Jazz tra i migliori esperti del settore. Il pubblico del festival potrà applaudirlo – lunedì 14 agosto alle ore 11 nei pressi della chiesa di San Giovanni, a Mores – in duo con Rob Luft, giovane e pluripremiato chitarrista inglese che per il suo virtuosismo è stato paragonato a grandi nomi della sei corde come John McLaughlin, Al Di Meola e Paco De Lucia.
Nel pomeriggio (ore 18) il festival fa scalo al borgo di Banari per il concerto di Gianni Cazzola, nome storico del jazz italiano con i suoi 65 anni di carriera musicale. Classe 1938, il batterista bolognese vanta innumerevoli e varie collaborazioni con artisti provenienti da tutto il mondo. Il quintetto, composto da Tommaso Profeta al sassofono, Attilio Costantino alla chitarra, Andrea Candeloro al pianoforte e Carlo Bavetta al contrabbasso, si cimenterà nell’interpretazione di vari standard americani, per poi muoversi verso sonorità più pertinenti al periodo hard bop e proporre alcuni brani originali firmati da tutti i componenti, creando un percorso musicale all’insegna dello swing nella sua forma più genuina.
Il primo set della serata in piazza del Popolo (come sempre alle 21.30) vede il gradito ritorno a Berchidda dei Farafina, dopo le precedenti apparizioni nel 1996 e nel 2002. Da allora a oggi diverse cose sono intanto cambiate nel gruppo originario del Burkina-Faso, a cominciare dai suoi componenti – alcuni sono morti, altri hanno lasciato, avvicendati da nuovi e più giovani musicisti – ma la filosofia musicale di base rimane invariata: djembe, tama, chékere, sonagli e uno o due balafon danno vita a un gioco pirotecnico di ritmi e percussioni capace di coinvolgere il pubblico, mentre i canti intrecciano storie e melodie che traggono ispirazione dal ricco repertorio Mandinka. Fondati nel 1978 dal maestro di balafon Mahama Konaté, i Farafina hanno conquistato una notorietà mondiale negli anni Ottanta e Novanta grazie alla loro capacità di espandere e aprire all’esterno la loro musica. Abdoul Kader Khaled Bambara, Fatoumata Dembele Roskamp, Mabourou Diarra, Ibrahim Diarra, Adama Koeta, Dedou Sanogo, Souleymane Sanou, Bakari Traore sono i componenti del gruppo attesi sul palco di Time in Jazz lunedì 14.
Riflettori puntati, nella seconda parte della serata, sui Savana Funk, formazione che incarna l’essenza della live band con jam incendiarie, groove irresistibili e un’invidiabile presenza scenica. I suoi membri, Aldo Betto (chitarra), Blake Franchetto (basso) e Youssef Ait Bouazza (batteria), si sono incontrati a Bologna nella primavera del 2015, e spinti da un’immediata sintonia umana e musicale hanno dato forma al progetto, iniziando subito a scrivere musica, sperimentare idee e metterle in pratica attraverso molti live che si sviluppano in una commistione di musica africana, funk, blues, rock psichedelico, influenze jazzistiche e melodie forti. A Berchidda i Savana Funk si presenteranno in compagnia di Willie Peyote, considerato una delle figure più interessanti della scena indie nazionale: un incontro, quello della band bolognese con il rapper e cantautore torinese, fra due mondi apparentemente lontani, che proporrà il meglio dei rispettivi repertori ma anche pezzi inediti scritti per questo progetto che approda sul palco di Time in Jazz dopo una recentissima serie di date in club.
Come da tradizione, anche quest’anno Time in Jazz per Ferragosto pianta le tende nella campagna poco fuori Berchidda. La mattina trascorrerà con una serie di appuntamenti sotto gli alberi intorno alla chiesetta di Santa Caterina. Il primo, alle 10, è ormai un classico del festival e di Time to Children, la sua sezione dedicata ai bambini: “Gufo Rosmarino nel mondo di Amarilla”, una nuova storia della serie di racconti scritti e interpretati dall’attore e regista Giancarlo Biffi, con i contributi musicali di Paolo Fresu, della violinista Sonia Peana e della cantante Catia Gori.
A seguire, una tavola rotonda dal titolo esplicito, “L’organetto in Sardegna: generazioni a confronto”, che vedrà dialogare con il musicologo Fabio Calzia tre interpreti dello strumento a mantice così presente nella musica tradizionale isolana: Totore Chessa, Pierpaolo Vacca e il più giovane della compagnia, Giacomo Vardeu. Pierpaolo Vacca sarà anche protagonista del momento musicale in programma intorno alle 11.30. Nato a Ovodda, in provincia di Nuoro, allievo del maestro Peppino Deiana, ha debuttato giovanissimo nelle piazze dell’isola, in rassegne, sagre e processioni, è entrato a far parte del gruppo folkloristico Oleri, ha fondato (nel 2011) i Folkaos, un gruppo combat folk, e porta avanti, insieme al chitarrista e cantante Giuseppe Muggianu, uno spettacolo dedicato ai cantautori italiani. Dal 2018 presenta uno spettacolo in solo, in cui la musica tradizionale sarda viene approcciata con uno stile personale caratterizzato dall’uso di effettistica elettronica. Nell’ottobre 2021 Paolo Fresu l’ha coinvolto nel lavoro teatrale “Tango Macondo”, prodotto dal Teatro Stabile di Bolzano con la regia di Giorgio Gallione, da cui è nato l’omonimo album assieme al trombettista di Berchidda e a Daniele di Bonaventura.
Di ritorno in paese, l’ultima serata del festival a Berchidda avrà un prologo – alle 19 in Piazzetta Riu Zocculu – affidato a un’autentica istituzione storica del posto: la Banda Musicale Bernardo De Muro, nata nel 1913 per volontà del parroco don Pietro Casu, e “palestra” di formazione musicale per tanti giovani talenti, compreso Paolo Fresu che ha mosso tra le sue file i primi passi del suo percorso artistico.
Poi, alle 21.30, si accenderanno per l’ultima volta in questa edizione i riflettori sul palco allestito in piazza del Popolo. Il concerto che terrà banco in quella che per tradizione è la serata più festosa del festival, è una produzione originale per Time in Jazz, che nasce dall’unione dei Colle der Fomento, formazione storica della scena hip hop nazionale, con Dj Craim e il quartetto romano La Batteria. Una produzione in cui l’hip hop reinventa le sue radici fondendo rap e turntablism (l’arte di manipolare i suoni e creare nuova musica, effetti sonori e ritmi utilizzando due o più giradischi e un mixer DJ) con un sound che pesca a piene mani dalle colonne sonore e dalle sonorizzazioni italiane degli anni Sessanta e Settanta. Il progetto vede le rime dei due rapper del Colle der Fomento, ovvero Danno (Simone Eleuteri) e Masito (Massimiliano Piluzzi), e Dj Baro (Alessandro Tamburrini), incontrarsi su un terreno inedito, architettato dai quattro musicisti de La Batteria (Emanuele Bultrini alle chitarre, Stefano Vicarelli al piano e ai sintetizzatori, Paolo Pecorelli al basso e David Nerattini alla batteria), insieme al fiorentino Dj Craim (Lorenzo Fortino).
Gli ultimi impegni a Berchidda, la mattina di mercoledì 16 sono anche quest’anno al Museo del Vino, dove è in programma alle 11.30 la presentazione e degustazione della nuova linea Luce delle Cantine Giogantinu. A seguire, la presentazione di “Time in Jazz Diary 2022”, il progetto editoriale che ripercorre la passata edizione del festival attraverso l’obiettivo del fotografo Fabio Lovino.
Poi, nel tardo pomeriggio, trasferimento sulla costa, in quello che è ormai da diverse edizioni il “teatro” dell’ultimo atto del festival: la Peschiera di San Teodoro. Protagonisti Paolo Fresu, Daniele di Bonaventura al bandoneon e Pierpaolo Vacca all’organetto con le musiche di “Tango Macondo”, lo spettacolo prodotto dal Teatro Stabile di Bolzano per la regia di Giorgio Gallione. Fresu e di Bonaventura, allargano dunque la dimensione più ristretta del loro riuscito connubio artistico all’organetto creativo di Vacca, che in “Tango Macondo” comunica il profondo ed estraniante senso onirico che contraddistingue appunto il lavoro teatrale. Un concerto-sogno di grande effetto che vive di poesia, intimismo e di quelle piccole cose capaci di raccontare i colori dell’universo musicale contemporaneo.
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