Intervista alla cantante Manuela Mameli, ospite del Circolo “Su Nuraghe” di Amburgo

«Chi vive lontano da tanto tempo sente la Sardegna come un luogo dell’anima, un ricordo, e la musica ha il potere di riaccendere quella fiamma». In Germania per il 50esimo del sodalizio sardo anche l’artista di Teti Massimo Pitzalis e le coppie in costume di Oliena (Valentina Ferrando, Gianfranco Lippi) e di Orosei (Maria Giuseppina Mascia, Salvatore Contu).
ILLORAI | 26 ottobre 2025. Il Circolo Sardo “Su Nuraghe” di Amburgo è da cinquant’anni un riferimento costante nell’impegno di sviluppo sociale, integrato nella realtà della società tedesca, e attivo per il determinante contributo a sostenere una crescita-conoscenza identitaria e dei segni caratterizzanti la radice storica e culturale della Sardegna.
Una crescita coltivata e guidata con caparbietà dal presidente Gianni Masia, originario di Sassari, soprattutto, e non solo, per le generazioni di sardi cresciuti oltremare. Negli anni, lo storico circolo di Amburgo, è stato un vero laboratorio di limba, ballo sardo, canto, coltivo di tradizioni e dei numerosi saperi locali dell’Isola.
E appunto il canto e la musica, strumenti per caratterizzare il legame identitario, rappresentano ed esprimono un’assoluta dimensione di emozioni e d’origine; forme di vita e tradizioni, di storie e valori vitali inscindibili per essere comunità anche vivendo lontani dalla Terra Sarda. Il canto in limba e la tradizione poetica, esprimendo il potente senso emozionale e di appartenenza, svolge funzione da inesauribile e indissolubile collante di coesione e da elemento di “resistenza culturale” che arricchisce l’anima dei sardi emigrati.
Per il cinquantesimo anniversario di attività dell’associazione sarda “Su Nuraghe” ad Amburgo, è stata programmata una celebrazione eccezionale: la serata musicale di sabato 25 ottobre, ha avuto come protagonisti Massimo Pitzalis di Teti e l’artista internazionale Manuela Mameli, ogliastrina di Triei che, con la sua voce carismatica sarda affascina e cattura l’attenzione con melodie maliose come d’antichi suoni, colti dal profondo cuore della millenaria nostra Madre Terra, e trasmette un’energia di autenticità vocale, gestuale e di passione. La tradizione popolare sarda è stata rappresentata anche dalle coppie in costume di Oliena (Valentina Ferrando, Gianfranco Lippi) e di Orosei (Maria Giuseppina Mascia, Salvatore Contu).

Incontriamo Manuela Mameli in Goceano – insegna educazione musicale nelle scuole medie di Illorai, Bultei, Benetutti e Nule –, a cui chiediamo come vive il rapporto di artista con il mondo dell’emigrazione sarda e il suo essere ambasciatrice di cantigos e cantones che attingono e rappresentano il tempo e l’esistenza stessa del popolo sardo.
Il tuo cantare per il mondo dell’emigrazione, risveglia ancora idealità e simboleggia valori e ricordi di un passato dalla dimensione umana di comunità, da amore disisperadu…?
«Bellissima domanda, che risvegli “amore”, sì, “disisperadu” non so… ogni sardo la vive a modo proprio, credo. Quando canto per i sardi che vivono lontani, sento una responsabilità e un ruolo addosso, difficile da descrivere. È come se la mia voce si facesse strumento di un sentimento collettivo, che non appartiene solo a me ma a tutti. In quei momenti ritrovo il senso più umano del canto, non quello dell’esibizione, ma della comunione e dell’ascolto reciproco.
C’è un filo invisibile che ci lega, lo stesso che Maria Carta riusciva a evocare con la sua voce: una nostalgia profonda ma anche un orgoglio silenzioso. Tu Cristoforo, citi s’amore disisperadu, e parlando d’amore parliamo di anima, di pensiero di nostalgia e ricordi. Io provo a dare forma (ma senza pensarci troppo) a quella stessa verità, con il linguaggio che ho imparato, scelto e creato nel mio percorso artistico, cercando di mantenere la misura e la grazia di ciò che appartiene al sentimento e non alla retorica».
Il senso di amore struggente e di lontananza, presente in tanti canti sardi della tradizione, pensi che sia una condizione ormai metabolizzata e superata nell’attualità dei nostri conterranei emigrati…?
«Non credo che quel senso di lontananza sia stato davvero superato. Forse è cambiato il modo di sentirlo, ma non il suo peso nel cuore, come ti dicevo nella mia precedente risposta, ognuno la vive a modo proprio, è nostalgico a modo proprio ed è unito alla Sardegna per ragioni anche diverse. Oggi però la distanza non è più solo geografica: è anche interiore, culturale. Chi vive lontano da tanto tempo sente la Sardegna come un luogo dell’anima, un ricordo, e la musica ha il potere di riaccendere quella fiamma. Quando canto nei circoli, lo vedo negli sguardi, lo vedo nelle espressioni e anche nelle lacrime; le persone si commuovono non tanto per la melodia, ma penso per ciò che risveglia dentro di loro. È una forma di memoria emotiva, di appartenenza viva possiamo dire».
Come viene accolto nei circoli, e tra le associazioni sarde attive all’estero, il nuovo corso della canzone sarda cantautorale e le sue innovative sonorità che si fondono nel patrimonio della tradizione?
«Intanto io porto me stessa e il mio percorso, il portare la tradizione antica la trovo una cosa bellissima che non deve mancare mai, ma la tradizione si muove, si lascia anche contaminare ma bisogna essere attenti a non usarla senza cognizione di causa. Mi piace guidare il pubblico all’ascolto di ciò che propongo e finora ho sempre sentito un grande entusiasmo. Io credo che l’arte debba nascere dal desiderio e dalla passione, e non dal dovere (anche se mi piace insegnare ai ragazzi che sia doveroso conoscere chi siamo e da dove veniamo). Credo fermamente sia giusto conoscere e custodire la nostra eredità musicale, ma non bisogna forzarla o chiuderla in schemi.
Quando porto la mia musica, che nasce da una mia formazione jazzistica ma respira le radici di Triei e Bari Sardo, non penso di costruire un “ponte” per volontà o progetto, lo sento semplicemente come una necessità naturale. È qualcosa che vive proprio nei miei pensieri. E forse è proprio questa autenticità che arriva al pubblico? Non lo so, non lo posso sapere .. però mi piace che un canto sia anche una missione, e riaccenda dei ricordi o dei sentimenti che continuino a vibrare.
La poetica evocativa e identitaria in limba sarda ti permette di cantare le vite e le storie contraddittorie, esistenziali ed umane, della modernità? Assolutamente sì. La lingua sarda è per me un linguaggio emotivo prima ancora che identitario. Ci sono sentimenti, sfumature, dolori e nostalgie che solo in sardo trovano una forma vera, non tradotta. Tu che sei nipote del grande Mario Puddu, autore del testo lirico della canzone Ti amo e vocabolarista, lo sai. Quando canto in sardo davanti a un pubblico di emigrati, sento che si accende qualcosa di immediato e profondo, come se la voce diventasse un veicolo di ricordi e di appartenenza.
È la lingua del cuore, quella che non spiega ma fa sentire. E in questo mi riconosco nel cammino tracciato da Maria Carta, che sapeva dare alla lingua sarda una forza universale, capace di parlare anche a chi non la comprendeva letteralmente».
Qual è il ricordo, emotivamente forte e personale, che custodisci per una tua esibizione all’estero?
«Ne ho due! Un ricordo intenso è legato al mio periodo in Svezia, durante l’Erasmus alla Musikhögskolan i Piteå. Avevo ventitré anni, ero piena di paure e di insicurezze, ma anche di curiosità. Quella scuola mi metteva a disposizione spazi meravigliosi, strumenti, libertà, sentivo che dovevo darmi da fare, assolutamente.
Registrai una versione di Autumn leaves senza aspettarmi nulla, solo con il desiderio di esprimermi. Avevo con me i migliori musicisti della scuola. Mi ricordo bene quell’istante. Ci ho messo tutto il cuore che ho potuto. Ero super impaurita e mi mancava la mia famiglia. Il mio sentimento quel momento era a casa. Quell’esperienza mi ha insegnato che la paura può trasformarsi in forza, e che il canto anche lontano da casa può essere una forma di ritorno a sé stessi. Non avrei mai immaginato che quel video avrebbe raggiunto quasi 3 milioni di visualizzazioni.
Il secondo ricordo è recente.. di pochi anni fa. Un bellissimo ed elegantissimo teatro in Asia. Dopo l’esecuzione dell’Ave Maria sarda, il pubblico si è alzato in piedi dedicandomi un applauso lunghissimo e una standing ovation che non dimenticherò mai. Ero in imbarazzo. Quel giorno ho capito che il sardo non ha bisogno di essere solo cantato o capito, basta solo sentirlo con verità assoluta. Come quando sei innamorato, si vede!… e se ne accorgono tutti».
Manuela Mameli è stata anche messaggera, a nome dei sindaci di Bari Sardo Ivan Mameli e di Triei Anna Assunta Chironi, di un attestato di stima verso il circolo e la comunità sarda ad Amburgo. La pergamena, consegnata al presidente Gianni Masia, esalta il forte legame dell’Ogliastra con il mondo dell’emigrazione e si unisce al circolo “Su Nuraghe” nella “celebrazione dell’amore per la nostra Isola e per i valori della storia plurimillenaria che, col Vostro encomiabile operato, contribuite a mantenere vivo e a rendere conosciuti ed apprezzati nel mondo”.
Cristoforo Puddu
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