Nuovo disciplinare Pecorino Romano Dop, Piana (CSA): «A rischio la pastorizia sarda»

Il responsabile del Centro Studi Agricoli annuncia il ricorso al Ministero e chiede le dimissioni del presidente del Consorzio.
CAGLIARI | 17 novembre 2025. Una modifica che «mette a rischio la pastorizia sarda» e porta al «ribasso il prezzo del latte pagato al pastore». Così il Centro Studi Agricoli (CSA) boccia la recente modifica al disciplinare di produzione del Pecorino Romano Dop, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale il 25 ottobre scorso. La nuova disposizione elimina l’obbligo di utilizzare esclusivamente latte da razze autoctone come la Sarda per la variante prodotta in Sardegna, aprendo di fatto all’impiego di razze più produttive e cosmopolite, come l’Assaf israeliana e la Lacaune francese.
La decisione ha scatenato la reazione del presidente del CSA, Tore Piana, che la definisce «una scelta gravissima, che nulla ha di tecnico e molto ha di politico», che va in direzione opposta a quanto fu deciso a maggioranza dall’assemblea dei soci del Consorzio Pecorino Romano Dop nel 2022.

Un prodotto industriale, non più legato al territorio
Per il Centro Studi Agricoli, il nuovo disciplinare snatura il prodotto, cancellando «il legame millenario tra pecora, pascolo e territorio» per trasformare il Pecorino Romano in una «commodity industriale. L’accusa è quella di voler svuotare la Dop della sua identità territoriale per favorire «un modello produttivo intensivo, basato su razze da stalla, alimentazioni importate e standardizzazione del latte». «Un modello che – rimarca Piana – non aumenterà la redditività dei pastori, ma rafforzerà il potere già dominante dei trasformatori e incrementerà la dipendenza delle aziende dai mangimi e foraggi provenienti dall’estero».
«È un’operazione voluta da chi controlla la fase industriale e commerciale della filiera», incalza ancora il presidente del CSA, sottolineando come questa scelta rischi di innescare una «guerra tra pastori», contrapponendo gli allevatori tradizionali a quelli che scelgono un modello da stalla, mentre «il vero potere – quello industriale – resta intoccato».
Secondo il Centro Studi Agricoli la Sardegna non può assolutamente competere sul terreno delle produzioni standardizzate. «Se il Pecorino Romano Dop diventa un prodotto industriale globale, perde il suo unico vero vantaggio competitivo: il territorio. La Sardegna non vince sulla quantità, vince sulla qualità, sulla storia e sulla specificità dei suoi pascoli e delle sue razze autoctone».
La richiesta di dimissioni del presidente del Consorzio e il ricorso al Ministero
Nel mirino di Piana finisce direttamente il presidente del Consorzio Pecorino Romano Dop, Gianni Maoddi, a cui consiglia nuovamente di dimettersi, ricordando come nel 2023, a Macomer, in occasione di una riunione sulla genetica della pecora razza sarda, avesse manifestato l’intenzione di «ribaltare il risultato dell’assemblea del consorzio del 2022».
Detto ciò, Piana lancia un appello alle istituzioni regionali e nazionali e ai rappresentanti della filiera e allo stesso presidente Maoddi affinché si apra subito «un confronto vero», perché «questa non è una modifica tecnica: è una scelta che cambia il futuro della pastorizia. Serve una strategia autonoma che tuteli i produttori, il territorio e il valore del nostro latte». Pertanto, il Centro Studi Agricoli annuncia la predisposizione di un dossier e l’avvio di iniziative pubbliche di informazione sulla vicenda e la presentazione entro il 26 novembre del ricorso al Ministero contro all’attuale disciplinare .
«In Sardegna – conclude Piana – si producono circa 100 mila quintali di formaggi pecorini non a marchio Dop: chi decide di allevare altre razze come Lacoune o Assaf può farlo liberamente, ma sia bene chiaro che quel latte deve essere utilizzato a produrre questi formaggi e non alle tre Denominazione di Origine Protetta, e ancora meno al Pecorino Romano».
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