• 10 Ottobre 2024
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Disponibile in rete il 4° brano dei Bonayres tratto dall’album Xilema

Xilema Bonayres

OZIERI. Sa ballada ‘e su fogu è il quarto brano presente nell’album Xilema dei Bonayres di Ozieri rilasciato sulle piattaforme online. Rispetto ai precedenti, assistiamo all’affiancamento delle voci di Laura Mulas e di Antonio Porcu che alternano la parte solista a quella duettata mentre la musica inizia con un atmosfera oppressiva e ossessiva a rimarcare il tema doloroso e pesante dell’incendio di Curragghja del 1983. La parte centrale invece si sviluppa su un tempo marcatamente jazz costruito sulla batteria di Antonello Muscas.

Il brano riprende un componimento scritto da Vincenzo Becciu (1941-1991), pittore e poeta ozierese. Tutta l’isola fu sconvolta dalle notizie terribili che arrivavano dalla Gallura e a Ozieri Becciu espresse la sua vicinanza ai galluresi nell’unico modo con cui poteva farlo: la poesia.

Sa ballada ‘e su fogu

L’incendio di Curragghja è stata una catastrofe avvenuta il 28 luglio 1983 sull’omonima collina situata a sud-ovest della città di Tempio Pausania e nei comuni limitrofi di Aggius e Bortigiadas. Le fiamme partirono dalla costa vicino Badesi, si fecero largo tra strade, boschi e arbusti incenerendo migliaia di ettari nella bassa valle del Coghinas fino ad arrivare nelle campagne di Bortigiadas ed Aggius per poi propagarsi sulla collina di Curragghja, per un totale di oltre 18.000 mila ettari di terreno andati in fumo.

Con l’allarme diffuso dal suono delle campane, si mobilitarono numerosi volontari anche giovanissimi che si prestarono alla lotta contro le fiamme. In pochi erano dotati di equipaggiamento adatto.

Ai volontari galluresi si unirono i soccorritori accorsi da tutta la Sardegna. Il sistema di spegnimento incendi non riuscì a fronteggiare il fuoco e l’incendio durò nove giorni. Il fuoco si spense quando non rimase più nulla da bruciare.

Diversi di questi uomini, operatori e volontari, nell’ottavo giorno, il 28 luglio 1983 furono improvvisamente accerchiati dal fuoco. In 9 morirono sopraffatti dalla forza delle fiamme, in 15 rimasero feriti. Il panorama della montagna gallurese da verde e ricco di vegetazione e animali divenne nero e silenzioso.

Sona chiterra, chena ti pasare,
sona su dolu e sa terra avvilida,
sona a s’istranzu, a sa zente fuida,
sona a su fogu, a sos mortos brujados.
Sona su disisperu ‘e sos restados
cun sa ferida chena mai cujare…

Sona sa siccagna achicadora,
a sos chi truvan sos caddos de fogu,
a sos bentos cand’intran in giogu,
a columbas de lata pro l’istudare,
garrigas de paghe, abba e piantu
pro rebuddore pianta dolidoras, pianta dolidoras.

Sona, sona chena su Segnore,
e deo canto su ch’at bajuladu,
su Paradisu amus isfiadadu
sos elighes e ozastros seculares,
chi fin de sos pastores sos altares,
e sunu rughes pidigas de pore, pidigas de pore.

Babbu divinu, faghelos frimmare,
bruja su coro e totu sos Cainos,
pone s’umilidade in custos sinos,
e insinza, su mere e su reparu,
pro nos mandare su bramadu amparu
cando non ch’at pius nudda de brujare, nudda de brujare.

Suona chitarra, senza sosta,
suona il dolore della terra avvilita,
suona allo straniero, alla gente fuggita,
suona al fuoco, ai morti bruciati.
Suona la disperazione dei rimasti
con le ferite che mai guariranno.
Suona la siccità attizzatrice
a chi sprona i cavalli di fuoco
ai venti quando entrano in gioco,
alle colombe di latta per spegnere,
cariche di pace, acqua e pianto
per far rinascere le piante doloranti, piante doloranti.
Suona, suona senza nostro Signore,
e io canto ciò che ho sopportato,
il Paradiso abbiamo asfissiato
le querce e gli olivi secolari,
che dei pastori erano gli altari
e sono croci nere di paura, nere di paura.
Padre divino, falli fermare,
brucia il cuore di tutti i Caini,
metti l’umiltà in questi cuori
e insegna, sei il padrone della difesa,
per inviarci la protezione bramata.

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