• 19 Aprile 2024
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Progetto Alias al “Ciusa” di Nuoro, Popolo della Famiglia: «L’identità di genere non esiste»

Istituto Ciusa Nuoro

Il Popolo della Famiglia Sardegna interviene con la coordinatrice regionale Barbara Figus sulla vicenda dell’Istituto superiore Ciusa di Nuoro, che ha introdotto la ‘carriera alias’ nel proprio regolamento di istituto, per permettere agli studenti e alle studentesse che hanno intrapreso un percorso di transizione di genere di cambiare il nome sui documenti scolastici.

«Il Popolo della Famiglia chiede alla dirigente dell’Istituto Ciusa di Nuoro ed a tutti gli altri istituti di prestare molta attenzione a decisioni come queste che, spesso, sono solo dettate da un’ideologia di fondo secondo cui ormai è moda considerare il sesso biologico un elemento poco importante nella determinazione dell’orientamento sessuale di una persona».

Questo è un terreno minatissimo dove i ragazzi appaiono fragili. Lo ribadiamo con forza ancora una volta: l’identità di genere non esiste – sottolinea Figus –, è una battaglia ideologica di alcune lobbies e, così come è stata studiata, i giovani ne sono solo tristi vittime incapaci di districare emozioni e sensazioni davanti alle quali si trovano confusi e indifesi. Dispiace che la preside dell’istituto nuorese Silvia Meloni si sia prodigata per far passare il messaggio opposto, e quindi sbagliato, ai suoi alunni. La scuola dovrebbe essere un luogo dove si impara il rispetto e l’onestà. Per questo motivo agli alunni andrebbe insegnato che devono accettarsi per quello che sono e non illuderli del contrario, assecondandoli nell’errore».

«Desidero ricordare – prosegue Barbara Figus – che da alcuni anni stiamo assistendo ad un fenomeno in fortissima crescita, soprattutto negli Stati Uniti: quello della “detransizione”. La disperazione di ragazzi trans che vogliono tornare indietro, tornare al loro sesso biologico d’origine dopo aver subito le operazioni chirurgiche folli che ne hanno determinato la trasformazione. Per questo motivo, alla preside Meloni e a tutti i dirigenti scolastici che volessero aderire e diffondere queste iniziative ideologiche, diciamo: attenti, state giocando con le vite di persone fragili».

«Le persone che lottano contro la loro identità – conclude Barbara Figus – andrebbero aiutate ed accompagnate, con percorsi anche ad hoc e dedicati, anche di psicoterapia, non assecondati. Nella comunità transgender, ci duole ricordarlo, il tasso di suicidi è molto alto e ciò è dovuto chiaramente a diffuse instabilità mentali causate anche da uno scriteriato trattamento della disforia di genere».

A tal proposito si ricorda che la giurisprudenza si è espressa da tempo su queste vicende con la legge 14 aprile 1982, n. 164 che consente la “riassegnazione di sesso”. Le perplessità maggiori sono però tutte a proposito delle sentenze della magistratura, che in modo decisamente più accelerato rispetto allo stesso Parlamento hanno aperto la strada a processi che meriterebbero di essere trattati sulla base del principio di precauzione e alla luce di un’etica della responsabilità che impone una prudenza estrema anche nel dibattito pubblico, per evitare che vicende umane così delicate diventino pretesto per ideologie politiche discutibili e francamente non condivisibili.

Mamma in Sardegna

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