• 26 Aprile 2024
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Tatanu Pirastru: l’eroe ploaghese sulle due ruote

Tatanu Pirastru 3

Si ringraziano zio Peppino Montesu e zia Gavina per la piacevole chiacchierata e per le informazioni che di seguito riporto.

Tatanu Pirastru nacque a Santu Lussurgiu il 2 febbraio del 1915, visse in via Roma a Ploaghe, nella casa che oggi ospita l’ambulatorio del dottor Pirastru. Era figlio di Baingio, buon uomo e umile lavoratore che si guadagnava da vivere come custode del cimitero. La mamma, invece, era di Iglesias.
Dalla loro unione nacquero sette figli, sei maschietti e una femminuccia che purtroppo morì giovane durante la seconda guerra mondiale per una malattia mai accertata, che in quegli anni colpì diverse pari età.

Come molte famiglie dell’epoca, anche quella di Tatanu non era ricca. Erano anni tormentati, tra guerre, dittature e povertà. Si viveva alla giornata, cercando di adoperarsi come meglio si poteva, e nonostante tutto si continuava a credere in un futuro migliore, si coltivano sogni.

Tatanu aveva una grande passione, quella per la bicicletta. Come lui, tantissimi altri giovani. All’epoca, in Italia, il ciclismo era lo sport nazionale: il più seguito, il più popolare, il più amato.

Nella metà degli anni ’20, mentre il fascismo saliva al potere, gli eroi su due ruote più apprezzati erano Costante Girardengo, ripreso dalla nota canzone di De Gregori, e Alfredo Binda, vincitori entrambi del Giro d’Italia.
Siamo in un periodo storico nel quale i mezzi di trasporto a motore erano pochi, certamente pochissimi tra i privati. Si pensi, per fare un esempio, che a Ploaghe, sul finire degli anni ’30 c’erano solo tre moto. Una di queste era proprio del fratello di zio Peppino, che con grande emozione, mi racconta la storia. Moto, dicevamo, che acquistò dal rientro della guerra in Etiopia.

Il mezzo di locomozione più utilizzato, era sempre la bicicletta, per cui ci si spostava anche per chilometri, tra strade rurali, sterrate, salite, discese, fossi e dirupi, per andare a lavorare, fare commissioni e quant’altro. L’unica strada asfaltata in Sardegna, era la Carlo Felice. Così, tra un impegno e l’altro, ogni ora del giorno era allenamento, ogni istante della giornata era una gara per sopravvivere e sognare le volate e le grandi scalate di Girardengo e Binda prima, e di Coppi e Bartali poi.

Tatanu Pirastru

È in questo contesto che Tatanu Pirastru si innamora del ciclismo e scopre la sua grande passione per la bicicletta.
La sua prima bici fu una Ganna, di una misura troppo grande per lui, tanto che faceva fatica a pedalare. Era un giovane di media statura, di gamba veloce, per cui, per andare ad una buona andatura, doveva spesso montare a battisella.
Nonostante le difficoltà dovute ad una bici non proporzionata al suo fisico, emerse sin da subito il suo talento, tantoché, fu incentivato da amici e conoscenti a dedicarsi a questa sua passione.

Dopo i primi lavoretti come fabbro dallo zio, riuscì ad acquistare, prima della guerra, una Legnano con cambio Campagnolo. Non immaginatevi i cambi come oggi li conosciamo, prima addirittura non esistevano, poi furono introdotti quelli a tre pignoni, e si cambiava marcia sollevando la catena con le dita, per cui, si arrivava al traguardo con le dita piene di grasso, che poi, quando si mettevano le mani nel volto dalla fatica, durante le competizioni, coloravano il volto di nero. Così, tra sudore, polvere e appunto il grasso, i poveri atleti terminavano la competizione trasformati, come fossero spazzacamini o minatori.

Come riportato in precedenza, il ciclismo era lo sport nazionale. Nei vari paesi e città, i comitati delle feste patronali e non solo, organizzavano gare a premi in denaro per i vincitori. Così, quelli bravi, potevano mettere da parte dei bei gruzzoletti, e se non per vivere della loro passione, certamente per arrotondare il proprio salario e dedicare parte di esso al risparmio per l’acquisto di una casa.

Incoraggiato a gareggiare, Tatanu Pirastru si presentò nel 1937 al Trofeo dell’Impero, con partenza e arrivo a Sassari.
Il circuito prevedeva: Sassari, poi Nughedu, Ozieri, Siligo, salita de su Carrazzu, Chiaramonti, Osilo, Scala di Giocca e ancora Sassari.
La gara parte con l’onore del pronostico tutto per Soma e Bianchina di Ozieri, Onali, Petretto e Brenzoni di Sassari.

Il nostro Pirastru, ancora poco noto, se non tra le mura domestiche, tiene botta, passo dopo passo, chilometro dopo chilometro, nonostante non si fosse mai approcciato ad una gara così importante e impegnativa e non avesse sulle gambe il ritmo e gli allenamenti dei rivali, reagisce agli strappi degli avversari, si tiene in scia. Non aveva una ammiraglia, e nemmeno un porta borraccia nella bici, per cui non si disseterà per tutto il circuito.
Al secondo giro, nei pressi di Nughedu, era prevista un’area di ristoro per rifocillare con cibo e bevande i ciclisti. Ricordiamo che sono anni in cui, aver da mangiare in abbondanza tutti i giorni, non era facile, non era la normalità, e qualsiasi banchetto sarebbe stato ben gradito.

Tutti si fermano per un breve pit stop, stremati dalla fatica. Tutti eccetto un piccoletto con occhi e capelli neri, con la fame nello stomaco e la sete di gloria nel cuore. Tatanu parte, sotto gli occhi increduli di tutti, decide di proseguire senza né mangiare né bere, imbocca la salita, si alza sui pedali, si volterà indietro per l’ultima volta, dopodiché, paese dopo paese, arriva a Sassari, alza le braccia, piange, ha vinto! Domina la scena, conquista la gara dell’Impero con 20 minuti di vantaggio sul secondo.
È l’inizio del mito, diventa campione sardo più volte, vince tantissime altre gare.

Nel dopo lavoro, un piccolo baretto allestito dove ora c’è il Convento, non si parla altro che di lui. Nella casa del Fascio, nel Corso Giovanni Spano, dove oggi troviamo la ludoteca e prima ancora il cinema, si alimenta la leggenda di un corridore che se avesse avuto soldi e disponibilità avrebbe potuto perfino battere i più grandi ciclisti dei grandi giri e delle grandi classiche del mondo.
Sarà la guerra a sospendere il suo sogno per un po’ di anni. Chiamato alle armi, prenderà parte al secondo conflitto mondiale, ennesima tragedia in cui l’umanità si imbatte, non memore del sangue versato nel prima grande guerra.
Onorato il suo impegno di soldato, torna in paese e riprende a gareggiare. Acquista una nuova bici, la Gloria Garibaldina. Riprende a correre e a vincere.

Nella gara n. 8, il circuito più conosciuto nel Nord Sardegna, che prevedeva Ploaghe – Chiaramonti – Osilo- Scala di Giocca – Sassari, per due giri, sfida nuovamente i suoi avversari.
Sono tre i fuggitivi: Tatanu, Bianchina, Sanna. I due ozieresi approffitano di un disguido tecnico capitato al cambio di Pirastru. La catena diventa lena e salta ad ogni giro di pedale. Tatanu perde minuti e chilometri. Gli vengono in soccorso i fratelli Montesu che gli danno supporto meccanico, seguendolo in moto come fossero un’ammiraglia.
Riparano il guasto, Tatanu parte spedito, ignaro del pericolo e privo di paura affronta la discesa di scala di gioca, completa il primo giro e nel secondo, nei pressi della salita di Saccargia, riprende il duo Bianchina-Sanna, dai dieci minuti di ritardo che aveva, gli infligge una sonora lezione di sport e forza. Arriverà al traguardo con altri 15 minuti di vantaggio rispetto agli ozieresi visibilmente affaticati.

La guerra è andata persa, il regine fasciata tramonta, nasce la Repubblica, rinasce il campione.
In quegli anni venne a mancare il suo papà Baingio, e la mamma, originaria di Iglesias, portò con sé i sei fratelli nella città del Sud Sardegna.
Anni a seguire, Tatanu Pirastru tornò a Ploaghe per questioni lavorative. Aveva acquistato un camion e trasportava legname di faggio.
Nella casa di zio Peppino le porte interne sono state prodotte utilizzando proprio il legname vendutogli da Tatanu. Fu l’ultima volta che si videro, l’ultima in cui Tatanu rivide Ploaghe.

Morì a Iglesias il 21 luglio del 1961 all’età di 46 anni, ebbe due figli che ancora oggi vivono nella città.
Oggi zio Peppino ha 92 anni, a lui devo il racconto di Tatanu Pirastru, l’eroe ploaghese sulle due ruote a cui dedico a futura memoria questo breve scritto.
Si ringraziano il Comune di Iglesias e in particolar modo l’ufficio Anagrafe per le note biografiche.

Pasquale Demurtas

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