Dorgali. I BarbaMasu: dal giardino di casa al mare aperto

La storia di una barca e di un sogno lungo 12 anni.
DORGALI | 6 ottobre 2025. Una serata di goliardia, una promessa stretta una sera d’estate a Cala Gonone: “facciamo una barca” e la follia di due amici che hanno deciso di trasformare un sogno in realtà. Così nasce la storia dei Barbamasu: Bruno “Barba” Spanu, professore di matematica, e Salvatore “Masu” Masuri, tecnico informatico. Due sardi, due amici, due visionari. Nel 2013, tra risate e chiacchiere notturne, l’idea di costruire una barca a vela sembrava poco più di uno scherzo. Ma il giorno dopo era già una promessa. Un libro di Rodolfo Foschi, regalato da un amico, ha acceso la scintilla. Poi i consigli del navigatore Gaetano Mura e l’incontro con il progettista Cristian Pilo, che ha proposto loro laHirundo 750, barca moderna e affascinante, ma impegnativa da realizzare.
È iniziata così un’avventura che dopo 12 anni ha visto la barca a vela solcare il mare con l’incitamento di tutti gli amici: “galleggia”. Un cantiere improvvisato nel giardino di casa, 2000 euro investiti nel primo compensato marino acquistato a Nuoro, poi pezzi recuperati da barche dismesse, motori regalati, acciaio riciclato.

«L’albero proviene dai fondali di Cala Gonone – racconta il Masu – un amico l’ha identificato a largo e subito ha pensato a noi. Appena rientrato in porto, senza dirci niente, ha organizzato la spedizione di recupero. Una volta portato in secca ci ha chiamato, siamo scesi in porto e ci siamo trovati davanti il prezioso tubo in alluminio alto 10 metri. Eravamo in ciabattine e così, messo in spalla, l’abbiamo riportato in cantiere».
«Una bella botta di, ehm, fortuna – si inserisce il Barba – anche perché tra tutto ci è costato 100 euro di alluminio anziché 2000 che è il suo costo reale. Molte cose hanno girato per il verso giusto, per esempio un’altra volta, una barca a vela che ha come fine sociale il recupero di persone svantaggiate ha bruciato il motore nella costa. Siamo andati in loro soccorso e, ops, avevano il motore uguale al nostro. Noi l’avevamo recuperato da una barca dismessa e dovevamo ancora rimetterlo in sesto. Gli abbiamo dato una mano con dei lavoretti e loro, una volta montato il nuovo, ci hanno regalato il vecchio che ci è servito per i pezzi».

Il progetto non è stato lineare: alti e bassi, sacrifici economici, oltre 25.000 euro, e personali, tutti i fine settimana liberi da dedicare al lavoro manuale. Un po’ di esperienza di falegnameria per il Masu e di navigazione per il Barba. Accanto a loro c’è sempre stata una grande spinta della comunità: gli amici, gli abitanti di Dorgali e Cala Gonone. Una “terza mano” che ha dato sostegno morale, fisico ed economico. «Senza di loro, forse, il progetto si sarebbe arenato molto prima- ci tengono a precisare insieme – ma è anche vero che ci abbiamo messo tanta passione e speranza. Abbiamo fatto crowdfunding dove abbiamo raccolto 3500 euro, ci siamo vestiti da befane per vendere gli scaldacollo per comprare qualche oggetto di coperta, le abbiamo studiate tutte. Ogni aiuto, grande o piccolo, ha reso più concreto un sogno che sembrava impossibile».
La barca via via ha preso forma, e si è trasformata non è solo in legno, resina ed eliche, ma è diventata un simbolo di comunità. Un’icona, un segno tangibile di un’idea folle che se coltivata con costanza e determinazione, può prendere forma. Oggi, dopo dodici anni, il guscio di quella promessa si è trasformato in una vera imbarcazione, e il viaggio è pronto a cominciare a vele spiegate.
«La soddisfazione maggiore per adesso – continuano i Barbamasu – e sicuramente sarà solo una di tante, è stato uscire dal porto, tendere le vele, sentire le corde scricchiolare ed il legno cantare quando l’albero è andato in tensione. Solo lì dopo qualche secondo abbiamo capito di avercela fatta, abbiamo capito di non essere folli ma tremendamente concreti». Una storia a lieto fine che potrebbe far navigare fiumi d’inchiostro ma che si può riassumere in: tanta, veramente tanta, tantissima determinazione ed una stretta di mano. Uno sguardo intenso negli occhi e due mani che si stringono forte. Una promessa.
La storia. Il progetto iniziale prevedeva, dopo aver letto il libro Buonvento e Granvento, Istruzioni per costruire 2 barche, la costruzione di una barca di 5,50 metri. Dopo un breve incontro con il navigatore Gaetano Mura si era virato su un progetto più ambizioso. Una barca da 8 metri, è qui che dopo varie ricerche si era arrivati all’acquisto di un progetto americano per costruire la Vagabond 23. Poi un convegno a Cagliari “Auto constructors for dummies” e l’incontro con il progettista Cristian Pilo che ha venduto loro il progetto Hirundo 750, barca moderna con curve attuali ma anche più complessa, scontando il prezzo del Vagabond 23. Questo a Luglio 2013. Poi, l’invio di sessanta mail in tutto il mondo per acquistare a buon prezzo i materiali, trovati a costi competitivi a Nuoro, a due passi da casa. Si allestisce il cantiere nel giardino di casa, la ricerca di fondi con il crowdfunding, recupero di pezzi da barche dismesse, la ricerca di acciaio per il bulbo. Investimento totale 25mila euro, 12 anni di sacrifici e tempo. Tanto tempo e fatica, ma ben ripagati.
Mirko Loche
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